LA CAMPANIA > VINI DOP (DOCG-DOC)

A cura di Paolo De Cristofaro

Dop Cilento

DOP-DOC Cilento

Area viticola: Cilento e Vallo di Diano
Provincia di Salerno

Denominazione di Origine istituita nel 1989, la DOP Cilento comprende ben 58 comuni, disegnando un comprensorio tutt’altro che omogeneo dove il limite nord è fissato dalle colline di Capaccio e Paestum e quello sud dall’insenatura che collega Marina di Camerota a Sapri, al confine con la Basilicata.
Il versante ovest si affaccia sul mar Tirreno, mentre a delimitare il distretto verso l’interno, ad est, ci sono le colline di Castel San Lorenzo (che costituiscono una DOP distinta), la catena montuosa degli Alburni e, più a sud, i rilievi lucani che guardano al Golfo di Policastro e alla piana di Maratea.

E’ una zona estremamente composita, in cui dialogano atmosfere mediterranee e altre decisamente più appenniniche, con aree facilmente accessibili e altre indubbiamente più isolate, che confluiscono insieme nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Nonostante l’ampiezza dell’area, la vigna occupa una quota nei fatti marginale rispetto alle tante produzioni agricole di pregio: è una presenza a macchia di leopardo, con proprietà frammentate e poche zone realmente strutturate come distretti.

L’area più densamente vitata si snoda nel settore nord-ovest della denominazione, tra i territori di Capaccio, Giungano, Prignano, Rutino, Torchiara, Castellabate. E’ una zona che sente l’influenza del mar Tirreno e del clima decisamente solare, con le vigne distribuite tra il livello del mare (alcuni siti sono a pochi metri dalle spiagge) e i 200-250 metri di altitudine. Nei siti di bassa collina dominano i suoli innestati su un particolare tipo di roccia sedimentaria, classificato ufficialmente come flysch del Cilento.

Piuttosto diverso è lo scenario che caratterizza il Basso Cilento. La costa si fa assai più ripida e frastagliata, il flysch lascia spazio a dolomie e composti carbonatici, le vigne delle zone interne arrivano a sfiorare, e talvolta superare, i 700 metri di altitudine. Gli ettari vitati sono poche decine, ma le superfici stanno progressivamente aumentando in primo luogo grazie alla notevole disponibilità di spazi. Vecchi e nuovi produttori cercano e trovano qui condizioni favorevoli per maturazioni più regolari, legate al clima più fresco e alle più rilevanti escursioni termiche e pendenze.

La base ampelografica è tra le più variegate della regione e vive su un doppio binario: da una parte i cosiddetti vitigni “nazionali”, la cui diffusione è stata fortemente incoraggiata nel Secondo dopoguerra, dall’altra le varietà “tradizionali”, che hanno ripreso piede nell’ultimo ventennio, affiancate nelle zone più “vergini” anche da cultivar internazionali.
Il vitigno a bacca rossa più diffuso è di gran lunga l’aglianico, con quote riservate ad aglianicone, piedirosso, primitivo, barbera, sangiovese, montepulciano, cabernet sauvignon, merlot, perfino syrah e pinot nero. Tra le varietà a bacca bianca domina il fiano, a cui fanno compagnia parcelle destinate a greco, coda di volpe, falanghina, trebbiano, malvasia, riesling.

Il disciplinare prevede per la DOP 5 tipologie, tra le quali le più significative sono senza dubbio la Cilento Fiano e la Cilento Aglianico, che fissano nell’85% la quota minima del vitigno da utilizzare.

186,63 ettari è la superficie vitata idonea a produrre vini rivendicabili attraverso la DOP Cilento.
Nella vendemmia 2018 sono stati rivendicati poco più di 2.900 ettolitri, riferiti a poco più di 60 ettari, per una produzione potenziale di poco superiore alle 385.000 bottiglie (Dati Agea-Sian).