LA CAMPANIA > VINI DOP (DOCG-DOC)

A cura di Paolo De Cristofaro

Dop Falerno del Massico

DOP-DOC Falerno del Massico

Area viticola: Alto Casertano
Provincia di Caserta

Denominazione di Origine istituita nel 1989, la DOP Falerno del Massico raccoglie in chiave contemporanea l’eredità storica di quella che per molti versi può essere considerata tra le prime denominazioni di tutti i tempi.

Quel Falerno di cui si parla diffusamente nei testi di Tito Livio, Plinio, Strabone, Marziale, come vino estremamente ricercato e costoso nella Roma tardo repubblicana e imperiale, particolarmente adatto al lungo invecchiamento nelle selezioni più curate. In realtà Plinio il Vecchio distingueva tre tipi di Falerno: il Caucino (quello prodotto sulle sommità delle colline), il Faustiano (prodotto a mezza costa) e il Falerno (dai siti in pianura).
Erano comunque tipologie chiaramente molto diverse da quelle che possiamo esplorare oggi, sia perché i vini dell’antichità erano spesso addizionati con miele, spezie e talvolta acqua di mare (per allungare i tempi di conservazione), sia perché è difficile stabilire con esattezza quali fossero le varietà e i siti utilizzati per produrre Falerno.

In ogni caso, la piattaforma territoriale su cui si sviluppa l’odierna DOP è in buona parte coincidente con l’Ager Falernus raccontato nei libri: cinque comuni alle pendici del Monte Massico, un’area delimitata a nord da Galluccio-Roccamonfina, ad ovest dal litorale tirrenico e a sud dalla fertile piana aversana.

Una denominazione piccola, ma allo stesso tempo estremamente frastagliata, costituita da una serie di impianti fitti che si collocano tra il livello del mare e i 350 metri di altitudine. Per quanto riguarda i suoli, la base comune è rappresentata dagli elementi calcarei di epoca pliocenica che caratterizzano il monte Massico, ricoperti da materiali piroclastici di differente costituzione ed origine, provenienti dai Campi Flegrei e dal vulcano spento di Roccamonfina.

In linea di massima si posso distinguere due macrozone abbastanza omogenee.
Il lato sud-est (tra i comuni di Mondragone, Falciano e Carinola) è costituito da piccoli rilievi con pendenze morbide (tra i 70 e i 150 metri), terreni tendenzialmente sciolti e discreta presenza di componenti vulcaniche (pozzolana soprattutto).
Il versante nord-ovest (Cellole e Sessa Aurunca) si configura secondo dorsali più uniformi e acclivi, con giaciture decisamente più compatte e tenaci, maggiore presenza di argilla e di scheletro calcareo, con altitudini che salgono verso i 350 metri nell’area confinante con quella di Galluccio e Roccamonfina.

In tutta l’area è largamente maggioritaria la coltivazione dell’aglianico, spesso in consociazione con il piedirosso, con raccolte concentrate tra la seconda metà di settembre nelle zone più precoci e l’ultima decade di ottobre in quelle più tardive. Una quota significativa è rappresentata dal primitivo, vitigno che in quest’area può essere considerato quasi “autoctono” in quanto diffuso fino dalla seconda metà dell’800, specialmente tra i comuni di Mondragone e Falciano del Massico. Tra i vitigni a bacca bianca la varietà largamente dominante è la falanghina.

Il disciplinare prevede cinque tipologie: Bianco (minimo 85% di falanghina), Rosso e Rosso Riserva (dal 60 al 100% di aglianico), Primitivo e Primitivo Riserva (minimo 85%).

214,07 ettari è la superficie vitata idonea a produrre vini rivendicabili attraverso la DOP Falerno del Massico.
Nella vendemmia 2018 sono stati rivendicati poco meno di 4.590 ettolitri, riferiti a quasi 96 ettari, per una produzione potenziale di poco superiore alle 610.000 bottiglie (Dati Agea-Sian).