seminario piedirosso

Campania Stories I Vini Rossi 2014 – Programma Seminari

CAMPANIA STORIES I VINI ROSSI 2014
PROGRAMMA DEI SEMINARI-DEGUSTAZIONE
(Riservati a stampa ed aziende)

Con l’edizione 2014 de I Vini Rossi continua il percorso di approfondimento sviluppato attraverso i seminari-degustazione di Campania Stories, spazi didattici strutturati con l’obiettivo di approfondire nelle varie tappe alcuni capitoli di quel variegato Libro che è la Campania del vino. Di volta in volta vengono proposti una serie di focus su singole denominazioni, vitigni, annate, ma anche laboratori con tematiche “trasversali” rispetto ai vari territori. Finestre informative affidate a professionisti specializzati da tempo nel racconto del distretto vitivinicolo campano, con il contributo e le testimonianze dirette di produttori, agronomi ed enologi. Senza dimenticare la possibilità di integrare in parallelo le indicazioni ricavate durante il tasting “ufficiale” con l’assaggio di etichette diverse da quelle presentate, là dove possibile con piccole retrospettive su vendemmie precedenti.

PRIMA TAPPA
Grand Hotel Parker’s – Napoli

Mercoledì 12 Marzo, ore 17:00
IL PIEDIROSSO IN CAMPANIA

Forse non è ancora diventato cigno, ma il “brutto anatroccolo” della viticoltura campana vive indubbiamente il suo momento di gloria. Non c’è mai stata tanta attenzione per il Piedirosso, vitigno tradizionale della regione che per molto tempo è stato raccontato essenzialmente come curiosità ampelografica o, al massimo, come comprimario del ben più conosciuto aglianico. E che si scopre oggi varietà tremendamente cool, capace di generare anche in purezza vini estremamente contemporanei per profilo espressivo e collocazione a tavola.
Una delle cultivar più complicate da gestire in vigna e in cantina, diffusa trasversalmente in molte zone della Campania, ma che trova i suoi terroir di elezione in provincia di Napoli, dal Vesuvio (dove è utilizzata per la produzione del Lacryma Christi Rosso) ai Campi Flegrei, da Ischia a Capri, passando per le starsete della Penisola Sorrentina, dove è impiegato per i tradizionali rossi frizzanti di Gragnano e Lettere.
Declinazioni territoriali che emergono oggi con maggiore chiarezza per almeno due ordini di motivi: da una parte si sono sicuramente allargati gli spazi di considerazione per tipologie giocate sulla leggerezza più che sui muscoli, dall’altra è indubbiamente migliorato il livello medio dei Piedirosso campani in termini di precisione e identità stilistica. Il nostro focus vuole essere prima di tutto un’occasione per ragionare sui percorsi che hanno favorito questa crescita e sulle potenzialità che sempre più si intravedono in un futuro assai prossimo.

Giovedì 13 Marzo, ore 17:00
IL PALLAGRELLO NERO E IL CASAVECCHIA

La viticoltura campana si è storicamente sviluppata quasi interamente attorno ai cosiddetti vitigni autoctoni. Poche regioni europee possono contare su un patrimonio ampelografico tanto ricco e diversificato: basti pensare che il numero di varietà tradizionali censite in Campania supera quello registrato nell’intera Francia. Molte di queste cultivar hanno seriamente rischiato di scomparire e sono state in qualche modo recuperate nel secondo dopoguerra, altre hanno ritrovato spazio in tempi relativamente recenti. Tra gli autoctoni di “ultima generazione”, la coppia più famosa è sicuramente quella formata dal pallagrello (Nero e Bianco) e dal casavecchia, vitigni tradizionali della provincia di Caserta letteralmente salvati dall’estinzione dopo un difficoltoso lavoro di recupero, iniziato negli anni ’90 grazie soprattutto agli avvocati Peppe Mancini e Alberto Barletta.
Nonostante si tratti di due varietà molto diverse dal punto di vista storico, agronomico, territoriale ed espressivo, la loro vicenda viene spesso raccontata in maniera congiunta, prima di tutto perché buona parte delle aziende che operano nel comprensorio vinificano entrambi i vitigni (lasciando un attimo da parte il Pallagrello Bianco), a volte anche in blend. E’ forse arrivato il momento, tuttavia, di provare a delineare delle mappe produttive e stilistiche specifiche per Pallagrello Nero e Casavecchia. Non più soltanto “rarità enologiche”, ma vini-vitigni con una propria identità, una propria collocazione a tavola, una propria parabola di consumo. Un percorso di consapevolezza per molti versi ancora agli inizi, ma che vale la pena di indagare col contributo di protagonisti vecchi e nuovi, capaci di segnalare fisionomie da veri terroir per le Colline Caiatine e di Pontelatone.

Venerdì 14 Marzo, ore 9:30
L’AGLIANICO IN CAMPANIA

E’ il vitigno a bacca rossa largamente più diffuso in Campania e in Basilicata, con una storia documentata che parte dal quinto-sesto secolo avanti Cristo e va di pari passo con gli insediamenti coloniali greci nel meridione, passando per i fasti dell’epoca imperiale romana e le testimonianze di era medievale legate a Federico II° e le cantine papali. Nonostante una tradizione tanto radicata, come spesso accade da queste parti per l’aglianico campano c’è un presente ancora in buona parte da scrivere: solo nell’ultimo ventennio si stanno lentamente delineando i vari distretti capaci di declinare ed amplificare la sua indole rude e riservata. Tralasciando quanto accaduto in Irpinia (uno specifico approfondimento è previsto nella seconda tappa), all’Aglianico è stato affidato il compito di plasmare i vini di punta, per ambizioni e prezzi, in quasi tutte le zone della regione.
Un filo rosso che rischia di perdersi quando entrano in gioco operatori e appassionati di mercati lontani, che non conoscono nel dettaglio la base ampelografica delle tante denominazioni in cui è coinvolto. Alcune Dop portano già nel nome il riferimento al vitigno (Aglianico del Taburno, per esempio, in provincia di Benevento), in altre l’aglianico può essere indicato come “tipologia” quando utilizzato per almeno l’85% (Galluccio in provincia di Caserta, Sannio con relative sottozone in provincia di Benevento, Irpinia in provincia di Avellino, Cilento in provincia di Salerno), in altre ancora non c’è richiamo alla cultivar nonostante si tratti di vini realizzati con aglianico pressoché in purezza (Falerno del Massico Rosso in provincia di Caserta, Taurasi e Irpinia Campi Taurasini in provincia di Avellino). Senza contare le numerose Igp e un’ampia serie di tipologie dove il vitigno di origine ellenica viene impiegato in blend con altre varietà.
Un quadro estremamente composito, dunque, che obbliga sempre di più ad incrociare i caratteri varietali “di base” con le variabili pedologiche, umane e stilistiche. Qualche anno fa il critico statunitense Robert Parker in un celebre editoriale su Wine Advocate immaginava un futuro non lontano in cui <<l’aglianico potrebbe diventare il migliore vitigno a bacca rossa del mondo>>. Ma a quale o quali Aglianico si riferiva il guru americano? A quelli che nascono in prossimità della costa, magari vendemmiati a fine settembre, o a quelli delle zone interne generati a ridosso dei 600 metri, raccolti talvolta a novembre inoltrato? Quelli densi e generosi, che possono richiamare certe espressioni del Nuovo Mondo, o quelli decisamente austeri che giustificano la definizione di “nebbiolo del sud”? Ad alcune di queste domande cerchiamo di rispondere con il terzo e ultimo seminario della prima parte di Campania Stories I Vini Rossi 2014. Una ricognizione divisa in tre blocchi, ciascuno dedicato agli Aglianico di un distretto regionale: iniziamo con la provincia di Benevento, proseguiamo con Caserta e chiudiamo infine con i rossi a base aglianico della provincia di Salerno.

SECONDA TAPPA
Hotel de la Ville – Avellino

Sabato 15 Marzo, ore 17:00
DOPPIA RETROSPETTIVA TAURASI 2004 E 1999

Il sistema adottato per la valutazione e il racconto delle varie annate del Taurasi prevede un monitoraggio continuo dei vini nelle diverse fasi evolutive: in quest’ottica all’interno di Campania Stories vengono programmati e ampliati spazi di approfondimento dedicati alle retrospettive. Momenti fondamentali per verificare in maniera strutturata ed organica il rapporto col tempo di vini che hanno teoricamente nella longevità e nello sviluppo durante l’affinamento alcuni dei propri punti di forza.

Nelle precedenti edizioni delle rassegne irpine sono state allestite delle degustazioni collettive per riassaggiare un gruppo di vini che avevano raggiunto i dieci anni dalla vendemmia. Raccogliendo le sollecitazioni delle aziende e della stampa accreditata, da questa edizione si è deciso di aprire una finestra aggiuntiva anche sul millesimo che ha completato un quindicennio dalla raccolta, in modo da poter focalizzare percorsi evolutivi ed espressivi ancora più profondi.

Ecco allora che nell’ultima giornata della rassegna dedicata alla stampa, nel pomeriggio ci si ritrova insieme alle aziende irpine partecipanti per confrontarsi sulle impressioni emerse e completare il quadro con una doppia retrospettiva a tema Taurasi, che in questo caso hanno come protagonisti i millesimi 2004 e 1999.

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