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Figli di una vendemmia minore? Il meglio delle “piccole annate” in Campania – Prima Parte

Se non si fosse capito (link e link), la raccolta 2014 non è partita sotto i migliori auspici. Ma il vino non è matematica, come ripetiamo ormai fino allo sfinimento, e in mezzo a tante difficoltà siamo sicuri l’annata saprà plasmare ugualmente una serie di bottiglie a loro modo interessanti. E’ sempre accaduto, anche in millesimi sulla carta ancora più complicati di questo. E accadrà sempre, perché le variabili in gioco sono infinite e gli uomini-donne del vino possono fare tanto per portare a casa uve comunque all’altezza, magari aiutati da un pizzico di fortuna.

Proprio le cosiddette annate minori (e non è detto che la 2014 lo sia dappertutto) sanno talvolta riservare sorprese ed emozioni agli appassionati più curiosi ed attenti. Il divertimento è quello: pescare nelle carte dei ristoranti e sugli scaffali delle enoteche autentici gioielli mimetizzati tra etichette di vendemmie decisamente più reputate, in diversi casi sottovalutati e sottoprezzati. Ogni zona ha i suoi “brutti anatroccoli” rivelatisi cigni alla distanza e la Campania non fa naturalmente eccezione. Ecco allora una piccola rassegna di bottiglie (ancora in buona parte reperibili) nate in regione da stagioni a dir poco controverse: vini che non soltanto hanno dimostrato di superare i limiti del millesimo, ma rappresentano addirittura alcune delle migliori riuscite in assoluto per i loro artefici. Vale come promemoria e ancor di più come augurio per i vigneron impegnati nella raccolta in queste settimane: grazie al talento, all’impegno e, come detto, ad una giusta dose di buona sorte, i migliori 2014 torneranno sicuramente utili per ampliare la rosa di questa sorta di nazionale delle presunte “piccole annate” in Campania.

Libero Rillo, proprietario dell'azienda Fontanavecchia a Torrecuso (BN)

Libero Rillo, proprietario dell’azienda Fontanavecchia a Torrecuso (BN)

Fontanavecchia – Falanghina Facetus 2002

Mancava quasi un mese alle vendemmia in Campania (e per alcune zone anche due) quando televisioni e giornali nazionali annunciarono al grande pubblico la “disastrosa” vendemmia 2002. Più di oggi, in quella fase il borsino dell’annata a livello mediatico era tarato sulle vicende produttive delle più importanti aree di Toscana e Piemonte e le difficoltà legate alla lunga stagione piovosa in Langa o a Montalcino marchiarono irrimediabilmente il millesimo in manira negativa nell’immaginario collettivo. Tutto questo nonostante ci fossero dei distretti italiani altrettanto significativi (Alto Adige, Valtellina, Sicilia, in parte anche Friuli e Marche) che avevano goduto di un meteo assai più favorevole, dando vita ad un folto gruppo di belle riuscite, come ci si è resi conto successivamente.

Per i vini campani la 2002 non è certamente la vendemmia del secolo, ha piovuto più del solito, anche a ridosso della raccolta, ma lo scenario non fu quello apocalittico veicolato dai media generalisti. Per la falanghina Facetus di Libero Rillo, ad esempio, è una delle migliori versioni di sempre: il riassaggio di qualche mese fa lo disegna estremamente integro e luminoso, con il rovere perfettamente assorbito, pienezza agrumata e spinta sapida a bilanciare l’ingresso rotondo e avvolgente. Una meraviglia.

Luigi Maffini nella sua tenuta di Giungano (SA)

Luigi Maffini nella sua tenuta di Giungano (SA)

Maffini – Pietraincatenata Fiano 2002

Non è un caso se un viticoltore, agronomo ed enologo rigoroso come Luigi Maffini scelse proprio il 2002 come primo millesimo per imbottigliare il suo Fiano Pietraincatenata, diventato in breve tempo l’etichetta simbolo (insieme al Cenito) della cantina di Castellabate. Come tanti sanno, il vino prende il nome da una vigna ubicata tra Giungano (che è ormai il quartier generale dell’azienda) e Trentinara: al suo interno si trova un enorme masso che appare quasi incastonata alla roccia.

A dispetto dell’andamento meteorologico non favorevole, quel Pietraincatenata resta una pietra miliare nella storia di Maffini: versioni come la 2004, 2007 o 2010 sono altrettanto buone ma più “classiche”, il 2002 appare per molti versi irripetibile. Cedro candito, zenzero e zafferano su un irresistibile sottofondo iodato: il pensiero va in automatico a certi riesling germanici botrytizzati, solo in apparenza evoluti (fin dal colore dorato carico), ma colmi di energia sapida e speziata. Momento perfetto per stapparlo, un grande bianco da conversazione.

Diamante Renna e Antoine Gaita, titolari di Villa Diamante a Montefredane (AV)

Diamante Renna e Antoine Gaita, titolari di Villa Diamante a Montefredane (AV)

Villa Diamante – Fiano di Avellino Vigna della Congregazione 2002

C’erano già stati i cinque grappoli (con l’annata 1997), i primi articoli entusiastici, le prime bottiglie stappate al Don Alfonso, ma è con il 2002 che il Vigna della Congregazione di Antoine Gaita e Diamante Renna è diventato un piccolo grande mito nella comunità degli enoappassionati più esigenti. Grazie anche e soprattutto alla passione narrativa del blogger partenopeo Fabio Cimmino *, ci fu una vera e propria mobilitazione entusiastica tra tanti utenti attivi sui forum di discussione di Porthos e del Gambero Rosso. Vennero allestiti gruppi di acquisto, molti contributi furono condivisi per delinearne quasi collettivamente un profilo descrittivo, fino alla codifica del sentore “farina di castagne” ormai riconosciuto come timbro inconfondibile del cru di Montefredane.

Le ultime bottiglie stappate raccontano di un vino che ha probabilmente raggiunto il suo apice, con le note terziarie a prevalere sulle sfumature più fresche, ma il Vigna della Congregazione 2002 resta un piccolo capolavoro di agilità e carattere. La tipologia di Fiano che scomoda paragoni non certo azzardati con terroir nobili d’oltralpe, senza dubbio nell’hit parade di casa Gaita insieme a 2006, 2008, 2010 e, perché no, 2012.

Michele Perillo, viticoltore e produttore a Castelfranci (AV)

Michele Perillo, viticoltore e produttore a Castelfranci (AV)

Perillo – Taurasi Riserva 2002

Considerando le caratteristiche del millesimo, non era così illogico prevedere qualche bella riuscita per i bianchi campani del 2002, potenzialmente in grado di compensare il minus di volume con freschezza e tensione. Molto più ardua l’impresa appariva per i rossi della regione fin dai giorni di raccolta, e in particolare per quelli a base aglianico, pesantemente condizionati dalle piogge autunnali rispetto allo stato sanitario delle uve e al completamento delle maturazioni.

Da questo punto di vista il vero “miracolo” l’ha fatto Michele Perillo, viticoltore garagista di Castelfranci: il suo Taurasi Riserva 2002 non è soltanto il miglior rosso campano dell’annata, di gran lunga, ma un grande aglianico in senso assoluto. La “piccola” vendemmia si palesa soltanto nella gradazione alcolica più bassa del solito (ma siamo comunque intorno ai 14 gradi), per il resto c’è tutta la deflagrante matrice minerale delle sabbie marine di contrada Valle e Baiano, tra grafite e radici, abbinate a frutto rosso fresco, erbe officinali, spezie orientali. Vino di spettacolare purezza e misura, ancora molto giovane ma allo stesso tempo più godibile in questa fase rispetto ad altre versioni di riferimento targate Perillo come 2001, 2005 o Riserva 2006 (in attesa di 2008 e 2010).

(continua…)

 

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L'Autore

Paolo De Cristofaro

Paolo De Cristofaro

Irpino classe 1978, lavora a tempo pieno nel mondo del vino dal 2003, dopo la laurea in Scienze della Comunicazione e il Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico di Gambero Rosso. Giornalista e autore televisivo, collabora per numerose guide, riviste e siti web, tra cui il blog Tipicamente, creato nel 2008 con Antonio Boco e Fabio Pracchia. Attualmente è il responsabile dei contenuti editoriali del progetto Campania Stories, nato da un’esperienza ultradecennale nell’organizzazione degli eventi di promozione dei vini irpini e campani con gli amici di sempre. Dal 2013 collabora con la rivista e il sito di Enogea, fondata da Alessandro Masnaghetti.
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