Pasquale Di Prisco, vignaiolo a Fontanarosa (AV)

Un conto da saldare

Non riesco a contare gli inciampi nella mia esperienza di degustatore. Qualche anno fa pensavo che fosse questione d’esperienza e l’infallibilità a bottiglia coperta sarebbe giunta mano a mano che un numero crescente di négresses vertes * si fosse adagiato sui miei scaffali. Non è stato così e forse se oggi, nel giudicare un vino, commetto meno errori è una sorta di arte della sopravvivenza enologica, che s’impara dopo qualche bottiglia.

Ma prima che qualcuno avanzi il plausibile consiglio di cambiare lavoro, mi difendo sostenendo in modo fermo che la narrazione del vino sia importante quanto la sua degustazione, che il piacere scaturito dal bicchiere sia connesso a fattori molto più complessi rispetto alla fermentazione alcolica del mosto di uva e infine che evocare questi elementi concorra alla smisurata amplificazione della gioia di bere.

Questi ragionamenti, sfacciatamente autoreferenziali (d’altra parte siamo quasi su un blog), sono seguiti alla scelta del post di questa settimana per il portale di Campania Stories, ovvero il vino campano che, in degustazione, ho cannato in modo clamoroso.

Era l’estate 2013. Ricordo come, non appena sputato il vino ed espresso il mio giudizio, nella commissione d’assaggio si levassero dei sospiri di biasimo, e, tra questi, distinsi chiaramente un pensiero sfuggito nell’aria «questo qui non capisce un biiiip».

Ma non è mai troppo tardi per ammettere una cantonata e sono qua a fare outing per aver clamorosamente sottovalutato dal mio punto di vista il Greco di Tufo Pietra Rosa 2010 dell’azienda Di Prisco.

Torno a quell’Agosto e mi sovviene di come, dopo la sessione di assaggio, portai il bicchiere vicino al computer. Durante il giorno bevvi quel vino che trovai strepitoso, ma era tardi ormai. Proprio qualche giorno fa l’ho riaperto e ho avuto conferma di quelle sensazioni.

Pasquale Di Prisco è un vignaiolo capace e scrupoloso che opera a Fontanarosa, piccolo borgo della valle del Calore taurasina, in provincia di Avellino. La sua produzione è un punto di riferimento per coerenza qualitativa e senso di territorialità espresso. Con quel Greco di Tufo Pietra Rosa, selezione prodotta con uve acquistate nella parte alta di Montefusco (una vigna che utilizza ormai dal 2003) e affinata esclusivamente in acciaio, a mio parere ha toccato uno dei vertici della sua storia produttiva.

In questo momento esprime note affumicate e floreali in un gioco di rimandi dove si innescano sensazioni di agrumi dolci. Il palato è puro, con una dinamica entusiasmante per come riesca a conciliare finezza e naturalezza espressiva. Fresco, acido e lungo. A pensarci bene è un vino che esalta la precisione del vignaiolo ma, rispetto ad altri vini della stessa cantina, sembra evidenziare uno slancio maggiore in termini di libertà espressiva.

Ho pagato il mio debito e spero di incontrarlo ancora. Sui 15 euro in enoteca.

* Oltre a essere il nome di una formidabile band, nello slang francese, con questo termine, si indicano o si indicavano le bottiglie di vino vuote.

Di Prisco - Pietrarosa '10Di Prisco

Indirizzo: Contrada Rotole, 27 – Fontanarosa (AV)
Telefono: +39 0825 475738
Sito Internet: www.cantinadiprisco.it
Email: cantinadiprisco@libero.it
Superficie aziendale vitata: 12 ha (6 ha di proprietà)
Bottiglie annue prodotte (media): 50.000
Visite e vendita diretta in azienda

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L'Autore

Fabio Pracchia

Fabio Pracchia

Nato a Lucca nel 1973, lavora nel mondo del vino da circa vent’anni. Una dimensione totalizzante vissuta da diverse prospettiva, da operaio in vigna ad enoteca rio, da assaggiatore professionale a redattore. Dal 2009 collabora con i nuovi progetti editoriali di Slow Food, a cominciare dalla guida Slowine, dove il racconto della qualità organolettica è strettamente legata agli aspetti etici ed umani della produzione vitivinicola italiana.
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