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Non è un paese per petrolieri: l’Irpinia dice no alle trivellazioni

Campania Stories è un portale che parla principalmente di vino e di temi correlati ad esso: il territorio, la sua tutela e la sua valorizzazione sono intrinsecamente legati a ciò che rotea nei nostri calici.

L’attualità campana viene spesso raccontata attraverso episodi in cui il territorio risulta vittima di veri e propri soprusi, dalle speculazioni edilizie alla cattiva gestione dei rifiuti, senza dimenticare certi sistemi economici in cui le infiltrazioni malavitose hanno giocato e giocano un ruolo determinante. Questa volta, però, il potenziale “pericolo” nasce formalmente in un ambito pienamente legale, con l’autorizzazione concessa dal Ministero dello Sviluppo Economico ad effettuare ricerche di idrocarburi liquidi e gassosi nell’alta Irpinia: il progetto Nusco.

Partiamo dall’inizio: Il 18 luglio del 2002 la Italmin Exploration srl e la Compagnia Generale Idrocarburi srl chiesero il permesso per sondare terreni nell’area di Avellino e Benevento, lasciapassare accordato il 21 ottobre 2010 dal Ministero dello Sviluppo Economico per un’area di circa 70 Km², poi decuplicata con una successiva rettifica il 25 Febbraio 2011. Il 99,6% circa di questa superficie ricade tra Nusco, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi, Gesualdo, Vallata, Flumeri, Mirabella Eclano, Taurasi, Grottaminarda e altri piccoli comuni dei dintorni. In pratica una porzione molto significativa della zona coperta dalla denominazione Taurasi Docg *.

Nasce da qui la protesta degli abitanti, formalizzata tramite la costituzione di comitati di cittadini (No Triv Irpinia e No Petrolio Alta Irpinia), al fine di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica in rapporto ad un progetto che, secondo studi di esperti del settore interpellati in proposito, avrebbe un impatto fortemente negativo dal punto di vista ambientale, con ricadute minime in termini di sviluppo e occupazione. Più costi che benefici, secondo i comitati.

Spontanea quanto giustificata la preoccupazione soprattutto da parte di chi la terra irpina la vive coltivandola, in primis le aziende vinicole che hanno aderito ai comitati per difendere un territorio che è per loro fonte di sostentamento. A tal proposito abbiamo sentito Antonella Lonardo, titolare con la sua famiglia dell’azienda Contrade di Taurasi – Cantine Lonardo, che sin dall’inizio ha scelto di partecipare attivamente alla protesta.

Antonella Lonardo - Foto tratta dal suo profilo Facebook

Antonella Lonardo – Foto tratta dal suo profilo Facebook

Antonella, parlaci del perché di questa protesta.

«La questione delle trivellazioni in Irpinia è una eventualità che da lungo tempo minaccia la nostra terra. Le prime trivellazioni sono state già fatte (un pozzo si trova proprio nel comune di Taurasi) alla fine degli anni ’80- inizi anni ’90 ma (fortunatamente per noi) i giacimenti trovati non contenevano quantitativi tali da giustificarne l’estrazione. Per questo motivo non si è verificato per noi finora quello che è accaduto in Basilicata, dove le ricerche sono risultate fruttuose e i pozzi funzionano non generando altro che disastro ambientale ed impoverimento, dal nostro punto di vista. Spesso non ci si sofferma a pensare che l’Italia non è il Texas. Il petrolio trovato in Italia è proprietà dello Stato ed è dato in usufrutto a multinazionali. Dunque la ricchezza generata dal petrolio prende altre vie, mentre resta sul territorio solo inquinamento dell’acqua e dell’aria e sterilità del suolo».

I giacimenti sotterranei non possono in nessun modo diventare una possibilità di sviluppo, quindi?

«Il solo reale sviluppo sostenibile consiste, in età postindustriale, nell’incremento delle energie pulite e rinnovabili, in sostituzione degli idrocarburi, dannosi e destinati in medio termine ad esaurirsi. Se tutto il resto del mondo si muove verso un tipo di energia pulita ed alternativa perché noi dovremmo ritornare indietro di cinquant’anni puntando sul petrolio? In termini anche economici non si può più affermare che l’autonomia energetica è raggiungibile solo attraverso la ricerca del petrolio. E’ ben più ragionevole e lungimirante progettare un sistema produttivo moderno, che sviluppi la vocazione agro-alimentare del territorio e che sfrutti in modo ragionevole e “ambientalmente sostenibile” le energie derivanti da forze rinnovabili quali il sole e il vento. Se cerchiamo l’oro nero non è forse ben più prezioso il nero del vino che quello del petrolio? (per riprendere lo slogan dei comitati anti-trivellazioni, ndr)»

no triv irpinia
Quale è l’attuale situazione?

«In Irpinia coloro che sono rimasti o che ci sono ritornati hanno tutti puntato su una economia basata sull’agricoltura, sull’accoglienza, sul turismo enogastronomico e culturale. E mi pare che la cosa stia cominciando a funzionare: solo il comune di Taurasi conta quasi trenta aziende vitivinicole, per non parlare poi delle aziende agricole che allevano altri tipi di colture. L’Irpinia, nonostante sia una piccola area interna della Campania, è riuscita ad imporsi a livello mondiale per la qualità dei propri prodotti, in special modo per le tre Docg che rispondono al nome di Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo. Mentre l’attività produttiva agroalimentare sta gradualmente migliorando la sua competitività anche sul mercato globale, tutto il comparto industriale, in gran parte figlio del clientelismo politico economico degli anni ’80, sta morendo. E’ un dato di fatto».

I possibili scenari futuri qualora queste trivellazioni avessero un definitivo via libera e portassero ripercussioni sul comparto agroalimentare e vinicolo.

«La protesta è necessaria: abbiamo assistito allo scempio portato in altre aree d’Italia dalle trivellazioni e dall’estrazione del petrolio. Tumori, distruzione dell’ambiente, distruzione dell’economia locale, impoverimento della popolazione. La Campania è orami nota al mondo soltanto per cose negative: camorra, immondizia, inquinamento. Con questi presupposti chi vorrà più comprare i nostri prodotti? Si vuole realmente desertificare questo territorio, distruggendo definitivamente sia la sua ricchezza in termini di salubrità del clima e dell’aria, che in termini di ricchezza agroalimentare. Ci aspettiamo dalla politica risposte più efficaci per aiutare uno sviluppo che parta dal basso e che generi ricchezza nel rispetto dell’ambiente e della gente che ci abita. Avere pozzi di petrolio in Irpinia vuol dire inquinare l’acqua che disseta la verde Irpinia e gran parte della Puglia e della Campania, inquinare un suolo fertile e produttivo. Mettete su di un tavolo una bottiglia d’olio da un litro, una bottiglia da 0,75 cl di vino e una tanica di 10 litri di benzina: in termini di valore economico reale si eguagliano. Chiunque di voi scegliesse la tanica di benzina a discapito dell’olio e del vino, forse farebbe bene a consultare un bravo psicanalista. O almeno a chiederdi con ingenua schiettezza: cui prodest?»

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L'Autore

Alessio Pietrobattista

Alessio Pietrobattista

Romano classe 1978, ha iniziato ad approfondire la sua passione per il vino dopo l’incontro con Sandro Ferracci, condividendo le proprie espressioni su vari blog e forum tematici. Dal 2009 al 2012 ha curato una rubrica dedicata a vini e vignaioli sul quotidiano La Repubblica. Segue la Campania con regolarità dal 2010, attualmente collabora anche con il web magazine Agrodolce e l’editore Enogea, di Alessandro Masnaghetti.
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